Titolo: Grecia: Consumimur Igni – Testo e striscioni in solidarietà con gli anarchici arrestati in Italia nell’Operazione “Scripta Manent” (12/10/2016)
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Nelle prime ore di mercoledì mattina abbiamo appeso due striscioni per gli arrestati in Italia, accusati di essere membri della FAI-FRI. Uno al Politecnico e l’altro ai Propilei.

Quello che segue è un testo di critica e di riflessioni in occasione degli eventi.

“Poco prima della fine”

Nelle prime ore di 6 settembre i mastini della polizia italiana, nel loro noto ruolo miserabile ma nello stesso tempo d’onore secondo il loro statuto, hanno bussato, non invitati, sulle porte di 30 case differenti sul tutto il territorio italiano, in cerca di sospetti coinvolgimenti nelle attività della FAI-IRF. L’operazione di polizia dal nome in codice “scripta manent” (le parole scritte rimangono) si concluse con cinque arresti (Αlessandro, Mario, Anna, Daniele, Danilo), oltre le accuse aggiuntive a carico di Nicola Gai e Alfredo Cospito, detenuti da settembre del 2012 per il ferimento di Roberto Adinolfi, azione rivendicata dalla cellula Olga FAI-FRI.

La posizione in cui ci troviamo verso la società e lo Stato, come mediatore e strumento di codifica delle relazioni riflesse all’interno dell’ultimo, non lascia spazio alla formazione di sensazioni di sorpresa o di stupore causate dai movimenti repressivi. Tuttavia, certe condizioni che agiscono come un terreno fertile per lo sviluppo di questa operazione non ci lasciano solamente esterrefatti di fronte alla pratiche che finora non abbiamo dovuto affrontare, nonostante la consapevolezza delle loro possibili applicazioni. Sono queste le condizioni che ogni persona insorta dovrebbe mettere sotto il microscopio della critica e analizzarle a fondo, evitando la collisione con gli aeroliti degli eventi, raggiungendo l’ovvio e quindi ben celato dalla moderna realtà spettacolo, che la ristrutturazione delle strutture del capitale porta a dei classici ma contemporaneamente arrugginiti meccanismi di stallo della sua accumulazione, che a causa del loro cronico deterioramento per le proprie operazioni richiedono sempre più carne. La loro storia, dopotutto, è capace di predisporci come prime mete che rappresenteranno la preda per il rinvio di un inevitabile collasso.

Con un rapido sguardo ai fatti notiamo che le accuse a carico degli arrestati riguardano gli attacchi avvenuti quasi 15 anni fa, dato che adesso siamo negli ultimi mesi del 2016. Attraverso uno sguardo spasmodico, superficiale e intenzionale agli eventi, che attraverso la narrativa cercano il riconoscimento nella sfera dei valori politici e degli antagonismi mediati espressi al suo interno, sarebbe facile parlare di maggiori operazioni repressive contro i nemici giurati dello Stato, o per il moderno totalitarismo e l’assoluto controllo poliziesco. Con queste analisi concentrate sull’arcaico dipolo resistenza-repressione, che fornirebbero spazio necessario per fantasticare nei vasti mari della subcultura spettacolare, nessun strumento verrebbe aggiunto al nostro arsenale per un attacco fondamentale alle strutture dello Stato e della società, dato che al di là della parvenza gli anarchici non costituiscono l’eterna minaccia allo Stato, né lo costituisce lo Stato assieme alla repressione, il rabbioso attacco contro i portatori di una libertà indistinta che solo esso è capace di garantire, attraverso la costante promessa di schiacciarla. “Oltre lo Stato, la libertà esiste”. Una libertà definita dalla storica sconfitta della sovranità uscente. Una prospettiva futura sorretta dalla supervisione odierna nella restrizione, che i meccanismi ideologici cesellano con la sola loro presenza. Un bisogno di installazione dentro i limiti del discorso, che implica un conflitto per entrambe le parti. Per la repressione come monopolio di violenza da parte del presente legalizzato, che cresce dentro l’altro polo. Resistenza come forza motrice della Storia. Una Storia che non ci include mai.

Ma senza voler dire molte parole, entreremo nei dettagli degli eventi, volgendo la nostra attenzione interamente ai modi in cui la repressione avviene, predisponendoci agli sviluppi emergenti nel vicino futuro. Identificazioni grafologiche, controllo tecnologico, fascicoli voluminosi e classificati nei computer aggiornati, personale specializzato in criminologia e analisi del carattere, sono solo alcune delle armi che lo Stato intende sguinzagliare contro ognuno che intende deviare dagli odierni instabili limiti della legalità. Ma osservando più a fondo i mezzi utilizzati dalla polizia e dei servizi antiterrorismo, notiamo che questo non è l’elemento che ci lascerà ammutoliti, superando le nostre previsioni più pessimistiche riguardo alle possibilità di uno Stato tecnologicamente attrezzato. Il nuovo fattore dalle cui analisi emergeranno le possibilità per uno sguardo più profondo sulle congiunture che siamo chiamati ad affrontare, va cercato altrove. L’imminente altrove è il fervore e la perseveranza con i quali le autorità tendono a perseguitare e poi punire i trasgressori non sconfitti da continue minacce, rimanendo fieri davanti ai colpi che ricevono e coerenti con la loro scelta di disertare. Questa ossessione sempre più crescente porta a due conclusioni sulle tendenze della repressione, che nonostante a prima vista si presentino in apparenza reciprocamente divergenti o auto-confutabili, in realtà si completano a vicenda sotto il tetto della crisi di Stato-nazione, come meccanismo di produzione del discorso, con la sua conseguente oscillazione provocata dall’impatto con le esigenze individuali di accumulo del capitale. Dall’altra parte si schiera l’ammissione, storicamente dimostrabile e chiaramente identificata, della natura espansiva di repressione, che tende ad occupare anche il più piccolo acro di spazio non fortificato dove non è presente la resistenza, mentre dall’altra parte vediamo le rappresaglie spudorate della macchina di Stato che si abbattono su coloro che osano difendere in qualsiasi modo sovversivo, per questa società scorrevole, il loro desiderio di disobbedienza e rifiuto.

Quindi, cosa succede? La conclusione non è aperta a obiezioni. La repressione intensifica la sua pressione indipendentemente alle reazioni che incontra. Un ragionamento accessibile a ognuno che non prende di mira l’esistente con il binocolo ideologico o che non si concede alle narrative chimeriche degli effluvi del movimento. Rimovendo il verbalismo usuale a cui piace presentare l’autoproclamato movimento anarchico come fonte primarica di pericolo per lo Stato, ci viene in mente una proposta di H. Marcuse, il quale nel 1967 studiava i primi segni di declino dello Stato-nazione archetipico, nel periodo quando avvenne la transizione alla sua nuova forma di capitale neutralizzato e meccanismo impersonale, pienamente secolare. Questa osservazione lo portò alla formulazione in difesa della violenza politica affermando che: “Questo rafforzamento (della violenza di Stato) avviene sempre, anche se evitiamo il confronto”. Ma cos’è che ci, sembra, sta sfuggendo, che porta lo Stato ad un aumento incondizionale del suo ruolo repressivo? La domanda è probabilmente molto semplice. Lo Stato-nazione privo di idiomi che lo avevano reso un meccanismo accettabile, attraverso la rappresentazione, adesso palesamente assume le caratteristiche di un meccanismo neutrale, con il suo ruolo limitato ad una forza di sicurezza standard per il flusso scorrevole del denaro e per alimentare le aspettative degli avventurieri di politica professionale, che si alternano rapidamente sotto le emissioni notturne, invasando le masse castrate. Anche lo Stato come capitale viene schiacciato nel capitalismo finanziario, sfruttato quasi esclusivamente come campo di gioco d’azzardo, ospitando le previsioni delle aziende finanziarie internazionali e mantenendo il capitale minimo che deve essere sacrificato per potenziare i meccanismi di coercizione e la coltivazione circolare di false controversie, strettamente intrecciati con i bisogni di accumulo e movimento del denaro. Questa neutralizzazione moralmente ed eticamente, in combinazione con la sua ovvia parzialità finanziaria, lo porta sull’orlo del disastro, incapace ormai di rappresentare chiunque, dato che viene convertito in una preda di narrazione malata, condannato ad una breve presenza cannibale per le rappresentazioni di scontri polemici. La repressione è l’unica alternativa rimasta per indicare la sua livida presenza. Quindi, a differenza di timiche asserzioni non-estirpate di marionette che sentono la loro triste natura collasare assieme con tutto ciò che fino ad adesso assicurava e condizionava la loro continuità, la repressione e il castigo rappresentano la difesa di una bestia ferita, o più precisamente, la supernova di una stella che si spegne definitivamente.

Il confronto incessante che ci aspettiamo dagli Stati moderni non ci dovrebbe sviare su sentieri tautologichi di un significato destinato ad essere salvato in ogni congiuntura. Gli anarchici si armeranno e saranno pericolosi non per rovesciare lo Stato, ma piuttosto lo Stato non sarà capace di sopravvivere all’infuori dello status quo di ipoplasia politica, nella quale si riproduce e che è minacciata quando le persone attivamente e armate negano l’eteronomia della società di massa, volendo costruire nel presente, nella vita di ogni giorno, nelle esperienze vissute personalmente, le relazioni che disintegrano le fondamenta della politica razionalizzata. Sappiamo che l’elevazione mentale generata da nostra insurrezione individuale incarna una comunicazione dimenticata e il linguaggio perduto dell’esperienza vissuta in modo autentico e reciproco, di collegamento impercettibile con molti compagni anonimi di tutto il mondo. Compagni la cui volontà di trasformare il tempo astratto circolare della società mercificata in meccanismo ad orologeria, in una roulette russa tra il trionfo della vita o la sua totale condanna, in un flirtare con le possibilità che indisturbate galleggiano sulla superficie della tiepida zona urbana, non ci possono lasciare indifferenti.

Contro tutto e tutti, forza a coloro che armano la propria negazione contro la normalità.

Forza ad Alessandro, Marco, Nicola, Alfredo, Anna, Daniele e Danilo accusati per i casi della FAI-FRI

Per la attualizzazione del collasso.

Anarchist sympraxis – Consumimur Igni

consumimurigni@espiv.net

Ragnarok


*N.d.t.: Consumimur igni: “In girum imus nocte et consumimur igni” = giriamo in tondo nella notte e veniamo consumati dal fuoco

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