Visualizzare il nemico
Alcuni contributi sulla violenza anarchica
La violenza come strumento di lotta è stata utilizzata attraverso la storia da vari gruppi, tendenze e rivendicazioni. La violenza come tale non riguarda esclusivamente solo una posizione o visione politica. I materiali o gli strumenti utilizzati nelle sue espressioni non fanno perciò parte solo di una certa ideologia o visione.
Ance la violenza, come ogni altro strumento, acquista il suo colore, il suo significato, la sua legittimazione e la sua progettualità attraverso quelli che la realizzano. Il senso e il motivo della sua applicazione fanno ovviamente parte del corpo teorico e intenzioni di coloro che la utilizzano. E se la possono utilizzare, quindi, gruppi, visioni o tendenze diverse, inclusi gli antagonismi, allora diventa vitale far capire su quali idee si basa.
Come coloro che rivendicano l’affinità come un modo per affrontare la vita, ci sentiamo connessi ad azioni violente a causa delle loro intenzioni – e non semplicemente perché succedono o per via dei materiali con i quali sono presentate.
Ovvio, la rottura violenta nell’ordine sociale cattura la nostra attenzione, dato che si tratta di ossigeno puro nell’asfissia quotidiana, se implicitamente o esplicitamente esprime la distruzione di ciò che ci rende schiavi.
Non si tratta di un feticismo verso la violenza, né di un piacere solo per ottenere adrenalina e divertimento.
Come ogni altro strumento, è un veicolo con cui un’idea fondamentale viene creata, e noi pensiamo che sia questo ciò che dovremmo recuperare.
La violenza è la “nostra” violenza nera e anarchica se il suo obiettivo è la distruzione dell’autorità, del potere e del dominio nella sua essenza, perché avanza verso un orizzonte libero, libero da gerarchie, sottomissioni e sfruttamento.
La violenza anti-autoritaria fa capire che i rapporti autoritari e di potere si celano negli aspetti basilari di sopraffazione, che vogliamo combattere radicalmente, incluso anche il tentativo di distruggerli nei nostri stessi rapporti.
Le posizioni autoritarie sono perciò allo stesso tempo sia distruttive che produttive – dirette verso l’interno e verso l’esterno – perché mirano alla perfezione per non riprodurre il potere nelle nostre relazioni intime o quotidiane, né in nessuna altra forma utilizzata per organizzarci.
Per tutto questo, siamo convinti che il prerequisito per l’uso della violenza è l’identificazione del nemico. Solo prendendo di mira il vero nemico la nostra violenza diventa quella che non può essere recuperata, e questo contrassegna la sua differenza fondamentale da ogni altra tendenza, che cerca di nascondersi tra di noi.
Siamo nemici del potere, dell’autorità e dei loro difensori, sia sbirri, politici o onesti cittadini. Per loro noi siamo nemici dell’ordine esistente, nemici della società, che violentemente impone i propri valori, leggi e norme. Siamo nemici dell’autorità e nemici dello sfruttamento della Terra, di cui tutti facciamo parte.
Ma essere nemici di questa o quella società non è uguale a considerare nemici tutti quelli che vivono in questa società. Non tutte le persone hanno la stessa responsabilità nel mantenimento dell’ordine dominante. Borghesi, politici, giudici, sbirri e giornalisti erano e sono bersagli espliciti del violento attacco anarchico, e non una qualsiasi persona a caso che si muove dentro la città. Questo significherebbe porre allo stesso livello la responsabilità degli sfruttati e dei loro sfruttatori, pensare ed agire in categorie di massa, che omologano e uniformano gli altri come se fossero tutti uguali, la quale cosa rifiutiamo in pratica.
Noi pensiamo che l’agire è orientato ad un obiettivo ben preciso quando uno sa chi o cosa è il nemico, chi si vuole combattere. Le persone diventano cittadini complici dell’ordine sociale quando assumono questa posizione, sia con gesti teorici o espliciti (come il ben noto esempio dell’aspirante sbirro), ed è in questo momento (e non prima) che il nostro agire viene scatenato contro di loro in disprezzo.
La violenza anarchica con la quale ci sentiamo connessi non identifica le persone comuni che si muovono in città con i bersagli, e non le prende di mira. Crediamo che l’attacco indiscriminato contro i passanti casuali faccia parte e sia asse d’azione di altre tendenze, che non c’entrano nulla con il rifiuto di ogni autorità, bensì al contrario cercano di inclinare l’equilibrio verso il lato che favorisce il loro desiderio di potere, attraverso l’eliminazione di civili e terrorizzando la popolazione.
La violenza nera che ci collega non ha mai celebrato la morte o il ferimento di una persona comune, perché non rappresenta un trionfo, né siamo noi indifferenti verso di questo, e pensiamo che si dovrebbe essere capaci di imparare da queste esperienze, come anche dai compagni che hanno dovuto affrontare tali azioni, quando sono avvenute.
Tuttavia, spesso i ritmi della violenza non sono prevedibili, possono innescarsi in un momento ed allontanarsi da ciò che è stato pianificato, e quindi di conseguenza colpire qualcuno. E’ così, nessuno dovrebbe essere ingenuo, ma essere coscienti di questo non significa che siamo in cerca di questo obiettivo. Questo differenzia un incidente da un obiettivo, e dimostra a lungo andare le vicinanze o le differenze con l’agire e i suoi motivi.
Non neghiamo che i morti possono ancora accadere, o che non sono accaduti, esiste sempre una parte pericolosa nella violenza o nella ferocia anarchica. Ma questo non significa che non prendiamo le precauzioni o che difendiamo la negligenza in questa direzione, al contrario, questo è un appello urgente di prendere in considerazione durante la pianificazione cosa potrebbe portare ad un’anomalia, e di agire di conseguenza per evitarla o di minimizzare il rischio.
Ma a parte le circostanze sfavorevoli, la violenza anarchia rimane valida, è uno strumento che deve essere definito, analizzato e approfondito, ma soprattutto vissuto – non solo come un mezzo intuitivo di espressione, ma pianificato con mente e cuore per accendere la fiamma dentro di noi, e poi ogni altro materiale.
Propaghiamo il conflitto e scateniamo il virus sempre nero!
Difendiamo l’azione diretta e incoraggiamo i compagni che ne fanno uso!
(Pubblicato in “Contra Toda Autoridad”, Cile, giugno 2016; tradotto da “To have one’s sight on the enemy”, Avalanche, #12, November 2017)