Repubblica Ceca: Processo Fenix – Tutti assolti (09/2017)
3 anni di mancanza di prove – 3 anni che hanno rovinato le nostre vite
Il clamoroso caso Fenix, che consiste in numerose accuse di molti crimini, dalla cosidetta “istigazione al terrorismo” alla preparazione di attacchi terroristici. Queste erano le più discusse all’ultima udienza presso il Tribunale Municipale di Praga. Durante il verdetto la giudice ha assolto tutti i cinque incriminati del caso Fenix 1. È questa una vittoria? Perché questa decisione non è definitiva? Il seguente articolo è una traduzione della sintesi di udienze e alcune analisi sulla nostra situazione ed esperienze scritta un mese fa, originariamente redatta in lingua ceca.
Questo lungo processo riguardava cinque anarchici, tre di loro accusati di aver congiurato un attacco terrorista contro un treno che trasportava attrezzatura militare. Due di loro erano accusati di essere stati a conoscenza di questi piani e di non aver fermato i presunti autori. Due di queste cinque persone erano anche accusate di aver preparato un attacco con molotov contro veicoli di polizia durante lo sgombero dello spazio occupato Cibulka. In sostanza, secondo gli agenti di polizia dispiegati, si trattava in totale di cinque persone coinvolte e di tre crimini differenti. (E tutto questo solo per Fenix 1, dato che alcune di queste persone si trovano di fronte ad ulteriori accuse nel contesto di Fenix 2).
Nel gruppo in cui erano coinvolti i cinque accusati, c’erano due poliziotti infiltrati. Questi due individui attivamente preparavano entrambi gli attacchi, e li hanno anche parzialmente avviato. Tuttavia, la giudice non ha identificato le loro azioni come una provocazione solo perché i documenti che avrebbero rilevato questa provocazione non erano disponibili.
La giudice, Hana Hrncirova, ha sottolineato che ha assolto tutti gli imputati proprio per mancanza di prove sufficienti. Ha ribadito la mancata trasparenza nel lavoro di polizia: “Il motivo per cui la corte ha emesso una tale decisione sta nel fatto che durante la valutazione delle prove il giudice ha espresso forti dubbi sulla trasparenza dei metodi di polizia, sia prima dell’inizio del procedimento penale, che dopo quando viene ottenuta l’autorizzazione legale per impiegare gli agenti nel caso”.
La giudice ha affermato che la polizia ha agito per mesi senza avere un mandato, e quando l’avvocato di difesa aveva chiesto la documentazione sulla loro attività, la polizia non l’aveva: “La corte non possiede alcuna traccia di tale documentazione”, ha detto la giudice. Poi ha aggiunto: “L’avvocato di difesa ha cercato di ottenere questi documenti perché si può presumere, in base a questi permessi individuali, che ci deve essere qualche documentazione da qualche parte. Questa documentazione non è mai stata inclusa nel fascicolo.”
Secondo le parole di polizia, la documentazione del primo mese di infiltrazione “non esiste o non può essere utilizzata”. Quindi, esiste un’altra pila di fascicoli, fascicoli con la trascrizione di intercettazioni telefoniche, che in realtà possono essere usati. Soprattutto per dimostrare che gli agenti infiltrati, l’infiltrazione stessa e la costruzione del caso non sono una questione del passato, come spesso abbiamo sentito. Il momento comico era quando la giudice ha alzato la pila sopra la sua testa (un volume di circa 400 pagine A4), dicendo che da tutte queste trascrizioni neanche una cosa ha valore di prova.
Il verdetto non è definitivo, perché il P.M. Pazourk sente che non ha ancora distrutto abbastanza le vite di queste persone e perciò ha fatto appello in loco. Come ex agente di polizia, il P.M. è convinto che la polizia ha agito correttamente e spera che la Corte d’Appello confermi la sua posizione. Senza dubbio farà del suo meglio per trovare qualcosa che “deve esserci e può essere utilizzato”. Noi quindi possiamo solo sperare che questa caccia agli anarchici (era lui che aveva proposto minimo 12 anni di carcere per gli accusati in Fenix) come anche i ruoli recitati in Fenix 2 presenteranno elementi che non avranno nessun valore come prove pure al prossimo processo.
A differenza di Pazourek, il ministro degli interni, amante di armi, socialdemocratico, Josef Chovanec, non ha tempo per aspettare il tribunale superiore. Le elezioni parlamentari si stanno avvicinando e deve dare priorità alla lustrazione della propria immagine, presentandosi come un padre giusto e corretto. E quindi, dopo tre anni ha improvvisamente notato che nel caso Fenix c’è qualcosa “che non quadra”. Sul suo profilo “Twitter” ha lasciato alcuni commenti facendo riferimento a fatti appartenenti alla storia ceca: “Qualora risultasse che si trattava solo di provocazione poliziesca, chiederò un’indagine approfondita e punizione dei colpevoli. La polizia di un simile stato democratico [...] non può arbitrariamente distruggere le vite delle persone, indifferentemente dalle loro idee politiche... Spero che il “Processo Omladina”[1] appartenga al nostro passato e non al nostro presente”. Peccato che non era presente a dire tali parole quando, nel periodo della detenzione di Marting Ignacak, l’investigatrice principale, guardando il fascicolo, dichiarò: “possiamo fare tutto!”.
Non sappiamo se lo stesso Chovanec è direttamente o parzialmente responsabile del processo contro il movimento anarchico, e ci vorrà molto tempo prima che lo scopriamo. Per certo sappiamo se la corte deciderà di mandare dietro le sbarre queste cinque persone lui, possiamo scommettere, darà pacche sulle spalle a questa gente “per il buon lavoro che avete svolto”. Però, se succede il contrario, lui può incolpare per gli errori e abuso di potere solo un paio di individui al di fuori della polizia e apparato punitivo, che altrimenti è “senza macchia” e “di grande aiuto per tutta la comunità”.
VINCE LA MANCANZA DI PROVE
Per molti di noi il verdetto della corte rappresenta un sollievo. Per un momento possiamo respirare, incontrarsi per cena e vedere i nostri amici in uno stato mentale più rilassato, fuori dalle mura del carcere. Questi momenti sono importanti nella vita ed è positivo che possiamo goderceli. Il carcere è un’istituzione inutile, divide le relazioni, isola le persone e distrugge le vite. Per questo motivo il verdetto, non importa quanto più piacevole di “colpevole” sia, non rappresenta per noi una vittoria totale. Non dimentichiamo cosa hanno significato i tre anni di infiltrazione e poi le indagini. Ales, Martin e Peter sono tutti stati incarcerati per 27 mesi in totale, Lukas 7 mesi, e prima di questo era per un anno latitante. Tutti loro in attesa di processo (appello di Fenix 1 e per alcuni di loro e altri due compagni Fenix 2). Alcuni di loro con possibile ergastolo ancora nell’aria. Non dimentichiamoci Igor che, oggi proclamato innocente e per tre mesi in più dura custodia cautelare, ancora affronta severe misure di restrizione e deve presentarsi al servizio per la libertà vigilata per quasi un anno e mezzo. E oltre a tutto ciò, ancora rischia la deportazione dalla Repubblica Ceca a causa della custodia cautelare.
I famigliari, gli amici e i cari degli imputati e dei detenuti, come anche quelli direttamente colpiti dal caso Fenix, si trovano di fronte ad una notevole pressione emotiva e separazione. La polizia aveva fatto irruzione in numerosi appartamenti, portando sempre più persone via per interrogarle. La polizia utilizza metodi in loro potere come portare le persone in foresta, minacciare i partner e i parenti dei sospetti. Una lista di tutto ciò che è successo durante le varie azioni repressive (e stiamo parlando solo di ultimi tre anni sulla scena anti-autoritaria in csd. Repubblica Ceca) sarebbe probabilmente lunga e inquietante.
In breve, è chiaro che non c’è nulla da festeggiare. Il bisogno di distruggere il sistema repressivo è ancora in gioco, solo che è necessario pensare una strategia migliore e trovare nuovi modi di lotta. In casi come Fenix è necessario capire di cosa veramente si tratta. Sin dall’inizio abbiamo detto che la polizia non sta cercando lunghe detenzione di singoli anarchici. Le unità repressive non hanno paura di noi, non li intimoriscono Martin, Peter, Sasha, Ales, Katarina, Radka, Igor, Lukas, Ales e molte altri imputati. Quello che li spaventa è che ci saranno sempre nuove persone che si identificheranno con le nostre idee, specialmente se inizieranno ad utilizzare una più ampia varietà di tattiche. I protettori dello status quo investono molta energia, forze e risorse per mantenere le persone convinte che questo è la libertà sognata.
Le persone anti-autoritarie e anarchiche convinte che la propria vita può essere vissuta in modo più autentico da quello offerto dal neoliberismo, e che non c’è bisogno di Stato e di Politica, possono offrire un’alternativa che potrebbe interferire con questo stile di vita consumista. La repressione viene allora vista come lo strumento ideale per sopprimere le idee. E così l’apparato statale ci vuole discreditare attraverso i media sensazionalisti, etichettandoci come terroristi, per intimidirci, utilizzando il carcere e per dividere il movimento tra “radicali” e “i non-violenti”, e metterci gli uni contro gli altri. Paralizzarci con la paranoia.
La domanda è dove questo tentativo di repressione è efficace e su quali punti possiamo lavorare su noi stessi. Come non cadere nelle trappole a prima vista invisibili, e come demolire i muri nelle nostre menti. I muri dentro di noi, e tra noi e altre persone. Come rompere questi muri e costruire ponti fuori da essi. Come vincere la paura, ottenere ciò per cui combattiamo e rispettarci a vicenda. E ultimo, ma non meno importante, come non cadere nell’urgenza di vincere nel gioco che non è il nostro, e che solamente ci distrae da cose e attività importanti.
Il caso Fenix è diventato un punto cruciale per molti di noi. Possiamo imparare tanto da questo. Prenderlo come punto di riferimento per capire meglio come funzionano le strutture di potere e comprenderci a vicenda, come anche analizzare criticamente i nostri sbagli. Non vogliamo pretendere di possedere risposte a tutte le domande. Ma abbiamo imparato una cosa. Se vogliamo che le nostre azioni e il nostro organizzarsi siano veramente efficaci e pericolosi per le strutture di repressione che ci tengono sotto controllo, questo deve provenire da discussioni comuni e dibattiti che superano le linee definite dallo Stato. Abbiamo imparato che non ha senso nascondersi dalla repressione, che è meglio essere pronti ad affrontarla e creare condizioni che renderanno tali operazioni inerti. Finché le persone vengono prima messe in carcere e poi, dopo la detenzione, viene discusso se questo è la misura giusta da applicare o meno, esiste un motivo per continuare a lottare. Questo non vuol dire se il procedimento legale si svolge in ordine inverso allora la questione è risolta, ma che dobbiamo immaginare un mondo completamente differente. Un mondo senza prigioni, frontiere e polizia, dove veramente dobbiamo risolvere da soli i problemi, invece di nasconderli dietro i muri.
Fenix non è un’operazione mirante ad alcuni anarchici ingenui, essa è un attacco al futuro della sovversione in totale. È anche una dimostrazione del potere della polizia e del lavoro degli agenti segreti di Stato nella democrazia, che così spesso sentiamo essere sinonimo di libertà.
Non fatevi prendere!
In Solidarietà, Croce Nera Anarchica, Praga, Equinozio d’Autunno 2017.
“I miei pilastri di valori sono: Vita, Giustizia, Libertà ed Eguaglianza. Le persone che costruiscono casi e vogliono imprigionare altre persone difficilmente comprendono questi valori. Sono pronto per ogni verdetto, e lo affronterò a testa alta. Un verdetto che influirà sulla mia vita e sulla vita degli altri.” – Il finale del discorso di Martin Ignacak
[1] Nel 1894 il Processo Omladina [gioventù, ndt], celebrato nella capitale regionale austro-ungarica, Praga, palesemente portò in tribunale l’anarchismo e l’anarco-sindacalismo ceco, e nello specifico condannò 68 nazionalisti cechi per attività radicali.