Anna
Degenerazioni Tra orgoglio e vittimismo di genere [it]

(Scritto apparso sul numero 3 del giornale anarchico Vetriolo)


Sono anarchica, non sono femminista perché percepisco il femminismo come un ripiegamento settoriale e vittimista, non ho mai fatto discriminazioni di genere anche se non uso convenzioni linguistiche gender-friendly, anzi uso spesso un linguaggio sporco e politicamente scorretto. Ritengo che nella ricerca dell’anarchia, ovvero nella pratica di rapporti antiautoritari sia già contenuto e vada coltivato l’annullamento di privilegi ed oppressioni di genere. Ah, dimenticavo, detesto l’autocoscienza in sede pubblica e pure le assemblee le ritengo uno strumento spuntato. Capisco ed ho la volontà di incontro, ma vedo come troppo spesso il momento assembleare scada nell’autorappresentazione sterile. Ecco, di questi tempi si rischia di dover esordire con un preambolo simile per entrare nel ginepraio dei luoghi comuni su genere e femminismo, districandosi nell’intricatissima incapacità e inabilità a rapportarsi della galassia anarchica, con un range di comportamenti che va dall’iperemotività al burocratico calcolo della posizione da assumere (e del grado di compromesso negoziabile) in una lotta. Non credo che comportamenti autoritari e sessisti si combattano cercando di diffondere nuove convenzioni linguistiche e riscaldando in salsa alternativa brandelli di retorica indignata mainstream (tra #nonunadimeno, contatori di femminicidi in TV, pride, scarpette rosse e coccarde arcobaleno).

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