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Dopo aver avuto la fortuna non simulata di non essermi ritrovato tra i Gilet gialli qui dove vivo, e aver avuto tempo di leggere i “pro” e i “contro”, talvolta con sfumature, e aver parlato con persone che sono andate tra le masse fluorescenti, ho pensato di dare anch’io il mio contributo sui Gilet gialli.

“Vi sono tre specie di despoti. Il despota che tiranneggia il corpo. Il despota che tiranneggia l’anima. Il despota che tiranneggia l’anima e il corpo. Il primo si chiama principe. Il secondo si chiama papa. Il terzo si chiama popolo.” Oscar Wilde

Non ritornerò sulla genesi del movimento, su una profonda analisi sociologica degli individui che si mettono un gilet giallo assai fosforescente. Cercherò di fare un testo sul fondo.

Intanto, partiamo dalla fine, non ho intenzione di addentrarmi nelle rotatorie, né alle manifestazioni, anche se rivoltose, distruttive, dei Gilet gialli. Uno degli argomenti che più spesso appare per giustificarli (tra l’altro, se i rivoluzionari si sentono in obbligo di giustificare la propria partecipazione ad un movimento, vuol dire che c’è un problema, no?) è che si tratti di un movimento popolare. Dalla CNT-AIT, agli amici di “Lundi Matin”, fino ad altri testi, tutti parlano di popolo, talvolta di classe. Ora, che cos’è il popolo? Ingenuamente, mi immaginavo che questo concetto onnicomprensivo fosse sparito, ammesso che si desideri la distruzione di questo mondo. Sbagliato, un’altra volta. Il popolo, l’umanità, il proletariato, gli uomini, le donne, non sono altro che degli spettri, come Dio (o Allah). Essi esistono in qualità di raggruppamenti sociali con un destino comune solo perché lo vogliono gli individui, e agitano questi concetti come dei trastulli. Essi negano l’individuo assegnandogli un’identità. Come dice molto bene il testo “Pure i Gialli sono diventati amici nostri?”, degli individui, non dei vestiti. Il popolo non esiste, ci sono solo individui, ognuno con la propria storia, e senza alcun interesse in comune. Poco importa che si tratti di popolo francese, di popolo operaio, del popolo oppresso. Inoltre, perché un “movimento popolare” deve per forza essere qualcosa di positivo?

Questo movimento viene visto come auto-organizzato, grazie a Facebook. Evacuata la critica dell’alienazione tecnologica, che diventa solo uno strumento che può servire LA causa, alla quale ognuno è pregato di sacrificarsi. Purtroppo, io ho fondato la mia causa sul nulla. Inoltre, auto-organizzarsi via facebook ancora una volta è uno specchietto per le allodole. Suppongo che ci siano degli individui dietro le pagine, i gruppi, ecc. Che per forza ci sono delle persone che fungono da amministratrici delle pagine. Inoltre, auto-organizzazione non significa affatto rifiuto di rappresentatività, per natura. Ci si può auto-organizzare perché si ritiene che per il momento non c’è persona idonea a rappresentarci. La parola d’ordine adottata da tutti i Gilet gialli è “Macron Dimissioni” (ancora uno sforzo, gli appellisti, e passeremo a “Macron Destituzione”?). Il problema é Macron? Veramente? Se si dimette, dovremmo sostituirlo, giusto?

Un altro elemento è la violenza distruttiva delle manifestazioni, gli Atti a Parigi. E allora? Tutto quello che si agita è rosso (e nero)? Quando FNSEA [Federazione nazionale dei sindacati delle imprese agricole, NdT.] si abbandona a molteplici atti di distruzione è guerra sociale? Quando i nazionalisti spaccano le vetrine o saccheggiano i centri di accoglienza per migranti è l’insurrezione che viene? Questo essere affascinati dalla violenza urbana, dalla cultura della rivolta, mi sembra assai sorelliano.

Il foglio “Avis de Tempête” giustifica la partecipazione disimpegnata, con i propri ritmi. In effetti, una rivendicazione della CGT non è più eccitante di quella dei Gilet gialli. Nessuna rivendicazione lo è. “Lasciamo ai mendicanti le lamentele e le petizioni”, scriveva un individualista dall’ampio fronte. L’articolo del foglio stila una lista di tutte le azioni troppo fighe della guerra sociale. Come altri stilano la lista delle migliori azioni troppo fighe reazionarie e razziste. Mi viene in mente una domanda. Se tutto vale, perché allora non essere andati a pestarsi con gli sbirri, incendiare cassonetti, e spaccare tutto alle Manif pour Tous [all’inizio del 2013, dei gruppi tradizionalisti cattolici e di estrema destra si sono opposti alla legge che stabiliva il diritto di matrimonio per due persone dello stesso sesso, con delle manifestazioni molto grosse; NdT.]? In effetti, le spezzone di testa [pratica nata nella primavera 2016, durante l’opposizione alla Loi travail: la testa del corteo non viene più lasciata ai sindacati, ma presa da “autonomi” di ogni sorta, che vanno allo scontro con la polizia; NdT.] ha visto sfilare allegri maoisti e altra feccia autoritaria. Ma chi ha detto che vi si doveva partecipare? Chi ha detto che il 1° maggio è stato solo gioia e distruzione?

I Gilet gialli, sono anche il mondo moderno che si mobilita, rimpinzato a Facebook, Netflix, Youtube. Un mondo in cui il complottismo avanza, con rigurgiti nazionalisti, antisemiti. In cui l’anti-femminismo (non la critica anarchica del femminismo) è in buona salute. È questo il mondo che è lì, ogni giorno, assieme ai Gilet gialli. Io non cerco complici, non approfitto di un movimento per sfasciare delle cose. A volte, anche la rivoluzione, l’insurrezione diventano spettri. Ed è un gran peccato.

Penso pure che sia importante non esimersi da una critica del populismo, ma purtroppo ho visto solo un testo su questo tema. Può essere che il 6 febbraio 1934 non dice niente a nessuno. Chiaro, non si tratta di fare dei parallelismi. Giusto per dimostrare che la violenza “popolare” e insurrezionale non è di per sé liberatrice.

Nel frattempo, anche degli individui che frequentano le scuole superiori hanno causato un sacco di disordini, ma questo interessa di meno. Eppure, il modo in cui media hanno trattato i due movimenti e la repressione poliziesca non sono stati uguali. Immaginatevi 1 o 2 morti durante le manifestazioni degli studenti...

Anche se penso che è sempre bene lanciarsi all’assalto dell’esistente, penso pure che è necessario uccidere gli spettri. E se la distruzione è certamente importante, ho la sensazione (sono stufo, bisogna ammetterlo) che la distruzione dei rapporti sociali, un altro pilastro del capitalismo, è spesso lasciata da parte. È meno bellicosa, è meno porn-riot, ed è priva di comunicati incendiari in merito. Eppure...

Quindi, se è fondamentale uccidere il progressista nella propria testa, lo è anche abbattere gli spettri, tiranni pure loro.


(tradotto da anarhija.info & guerresociale)