Titolo: Messico: Lettera del prigioniero anarchico Fernando Bárcenas – “Non abbiamo bisogno di leggi per gestire le nostre vite” (10/2016)
Origine: itsgoingdown.org
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La legge è un dispositivo che castra le capacità umane; essa pensa, dirige e crea le nostre vite per noi, e un tale concetto implica la mutilazione della più unica e autentica parte di noi.

Perciò chi decide di prendere la vita nelle proprie mani ai margini di questa putrida macchina viene considerato “diverso”, “antisociale”, “criminale” ecc.

Non possiamo avanzare delle soluzioni all’interno della “cornice democratica”, che attraverso politiche di sterminio terrorizza i propri abitanti con detenzioni, violenze e morte.

Ho sentito delle voci su un’amnistia promossa da alcuni partiti politici e istituzioni, e considero necessario precisare qui la mia posizione che rifiuta tutte le forme di strumentalizzazione delle energie di persone con lo scopo di mantenere l’ordine. Alcuni pensano che un’amnistia può essere indirizzata agli interessi delle persone, frantumati dall’imposizione della ricchezza a costo della schiavitù economica. Non vogliamo “lasciare” un carcere per entrare in un altro. Vogliamo essere completamente liberi, fuori dalle loro realtà virtuali, e se questo implica distruggere la loro società lo faremo, convinti che qualcosa di nuovo dovrebbe nascere per seppellire eternamente questa marcia civiltà, che ci costringe ad essere automi e ingranaggi del macchinario...

Le “lotte politiche” sono inutili, le lotte devono essere parte di un conflitto permanente presente ovunque; possono imprigionarci, ma non fermeranno la rivolta. Gli abitanti infuriati escono sulle strade per rifiutare i progetti immobiliari che causano sfratti e spostamenti forzati di migliaia di famiglie, non possedendo mezzi sufficienti per sostenere la privatizzazione dello spazio pubblico. La privatizzazione dell’acqua è un altro chiaro segno che riflette come veramente i potenti ci considerano. Schiavitù moderna ammaliata e addolcita con i beni di lusso, droghe e altre aspirazioni capitaliste.

Non abbiamo bisogno di amnistie, perché non vogliamo o non necessitiamo leggi per gestire le nostre vite; il miraggio del progresso ci fa credere che lo Stato e il governo sono necessari, e quindi non percepiamo direttamente i sintomi che ci trasformano in complici del massacro delle persone...

Vogliamo vedere l’insurrezione che si propaga ovunque, che distrugge il potere centralizzato, il giogo comune che tutti noi poveri portiamo addosso.

Salutiamo gli atti di insubordinazione agli standard internazionali di vita, che cercano di trasformarci nei pezzi efficaci della loro macchina.

Noi, i marginalizzati, siamo coloro che portano il peso di questa società, e come tali non siamo più necessari alla loro società tecnologica; giustificano il nostro massacro attraverso le guerre informali contro le droghe proprio nei luoghi, guarda caso, in cui le persone possiedono modi di vita tradizionali e comunitari, differenti da quelli dello Stato.

Chi vive in un quartiere povero è cosciente, già dall’infanzia, che il business della droga è parastatale, cioè attraverso l’istituzione della mafia come corporazione che regola il controllo del territorio, mentre la polizia utilizza due misure, contribuendo al buon funzionamento della mafia. Come tale, la mafia si presenta da sub-polizia che regola non solo il traffico di droga, ma anche tutti gli affari formali e informali esistenti sul territorio. Ma se questa situazione inizia ad estendersi massicciamente è a causa delle sue origini nel traffico di droga; solo un business in più nell’idra capitalista.

Il capitalista sarà sempre un mostro vorace e rapace, sia esso impegnato negli affari “legali” che in cosiddetti “illegali”. I capitalisti sono guidati da un desiderio insaziabile di profitto. Farebbero qualsiasi cosa per soldi, ed è per questo che i rapporti tra i capitalisti “legali” e la “criminalità organizzata” sono così stretti.

Non possiamo affidare le nostre vite e quelle dei nostri cari allo Stato/Mafia, responsabili di genocidio e massacro che respiriamo quotidianamente. Come anarchici conduciamo una guerra contro il potere, contro tutto quello che cerca di definire l’individuo e allontanarci da noi stessi.

Ed è per questo che incendiamo le loro strutture, che sabotiamo le loro comunicazioni e attacchiamo i simboli della loro società. Assaltiamo le loro città perché l’urbanizzazione è il massimo altare per l’incarcerazione di massa, per la privatizzazione delle risorse economiche. Lo stesso trasporto pubblico è un simbolo che ricorda gli emarginati di non essere benvenuti nei grandi centri urbani. Il rialzo dei prezzi della metropolitana, gli sforzi di monopolizzazione dell’azienda che cerca di accaparrasi tutto il mercato del trasporto in città, con il metrobus prototipo, sono segni di una privatizzazione completa della città.

Il carcere è lo spazio comune a tutti in quest’epoca tecnologica, perciò dobbiamo creare sentieri e percorsi che ci aiuteranno di vivere ai margini, reinventandoci ogni giorno la vita e riappropriandoci di essa.

In guerra finché tutti saremo liberi.

Fernando Bárcenas