Naslov: Italia: Spunti critici sul testo “Cronaca emotiva, casuale, collettiva delle giornate del G-20 ad Hamburg” di Berlin Migrant Strikes apparso su Effimera.org
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(Testo su effimera.org)

Il testo che state per leggere non mira, né ha la pretesa di sviluppare un’analisi esaustiva, su quanto accaduto nelle giornate del 6/7/8 luglio 2017 ad Amburgo durante il vertice del G-20. Non vi è dubbio che chiunque abbia preso parte a quell’esperienza sia in grado di poter rielaborare le proprie sensazioni in un compendio di emozioni e valutazioni sociali e politiche. Questo testo vuole mettere in evidenza alcuni aspetti della cronaca in questione che altrimenti, se non chiariti, potrebbero generare, ad avviso dello scrivente, le consuete e rassicuranti strumentalizzazioni postume ad eventi così discussi e sfaccettati. Spianando così la strada ad un ritorno alla normalità in cui un tale bagaglio foriero di rotture irrecuperabili possa essere ricomposto e, quindi, re-indirizzato ad uso e consumo delle varie strutture politiche di movimento la cui egemonia analitica è prioritaria per la loro sopravvivenza.

La cronaca è disponibile su internet. Il testo seguente verrà sviluppato per punti per ragioni di chiarezza, in quanto nella cronaca molte valutazioni sono presentate come affermazioni, di fatto arbitrarie e che non possono in nessun modo rappresentare le intenzioni, le scelte e le sensibilità di tutti gli individui che hanno preso parte alla rivolta.

Chi si ribella contro il Potere non desidera implicitamente contribuire a narrazioni organiche e confortanti che vengono regolarmente alla luce a conti fatti.

Ovviamente, ognuno è liberissimo e legittimato nelle proprie considerazioni, ma avventurarsi in una mappatura politica degli avvenimenti di Amburgo per individuare come vittoria l’emergere di un nuovo movimento europeo risulta, se non strumentale, quanto meno azzardato.

Non si tratta di cercare discussioni a tutti i costi, quando apparentemente non ce ne sono. Si tratta di rimarcare elementi imprescindibili della lotta rivoluzionaria che non possono essere costantemente rigirati come una frittata a seconda degli esiti di una data vicenda. Si tratta di non affievolire il fuoco della rivolta attraverso il linguaggio politico.

Per cui:

  • Il testo in questione viene presentato come cronaca, ma è difatto un’analisi. Infatti si parla di incertezze iniziali per poi assumenre via via i toni di un quadro organico, definito ed ineluttabile dove apparentemente i rivoltosi non hanno fatto altro che avere più buon senso della Polizei alternando scontri, mezze conciliazioni (gruppo di testa che si sbarda al corteo inziale (?)) e momenti di indifferenza alle provocazioni. Oltretutto di casuale ha ben poco, a partire dalla citazione del Comitato Invisibile il cui stile retorico e le posizioni astutamente neutrali e omnicomprensive percorrono tutta la stesura del testo.

  • Ben venga la riuscita di progetti previsti e lungamente discussi come la pratica dei blocchi diffusi e dello sciopero, ma pensare che ogni uno presenti alla manifestazione Wellcome to Hell del 6 Luglio e/o sopraggiunti i giorni seguenti sapesse già in anticipo dove, quando e come avrebbe agito è parecchio fuorviante. La multiformità e l’intelligenza sono fattori fondamentali per una lotta, ma, a meno che non ci si voglia girare intorno, la Polizei è stata sopraffatta dal numero e, sopratutto, dalla determinazione delle pesone che hanno combattuto. Il vero passo in avanti è rappresentato da una maggiore diffusione della disponibiltà al conflitto. Pensare che le migliaia di presenti alla manifestazione Wellcome to Hell avessero studiato meglio le strade di Amburgo rispetto alla Polizei è una proiezione ideologica.

  • Attribuire alle scelte della Polizei lo scatenarsi della rivolta è strumentale. Infatti è perfettamente congruente con la solita retorica più volte presentata dell’aver cancellato ogni dover essere prestazionale (e maschile) dalle pratiche di piazza, dell’aver rovesciato il piano militaresco e verticale dello scontro fra opposti eserciti, del non aver riprodotto una guerra simbolica e via via le solite banalità sull’estetica del conflitto, il machismo ecc. Molte persone sono andate ad Amburgo per combattere, attaccare e ribellarsi, Polizei o Spezialeinsatzkommando che sia.

  • Magari avessimo avessimo raggiunto del tutto la definitiva divisione fra buoni e cattivi e di pratiche quali autorappresentarsi solo come potenziali vittime di dispositivi securitari e repressivi. Ma è troppo facile dipingere la violenza di una rivolta a seconda del suo epilogo. La reazione e le rappresaglie delle Forze dell’ Ordine non possono essere l’unico ago della bilancia. I rivoltosi di Genova sono stati meno dignitosi, legittimi e intelligenti di quelli di Amburgo? Eppure molte componenti politiche che vengono citate nel testo (euripoarlamentari (!!!???)), ora organicamente vittoriose ad Amburgo, a Genova demonizzarono il black bloc portando ad anni di isolamento e desolidarizzazione nei confronti di chi sta ancora pagando sulla propria pelle con la galera quelle giornate di rabbia. Oltre a demistificare clamorosamente la vicenda di Carlo. Oltre ad aprire una stagione ancora inconclusa in cui il vittimismo rappresenta una carta politica sempre pronta ad essere giocata nelle sue varie combinazioni, creando un vuoto di anni nelle piazze italiane. Non si tratta di rimestare nella merda, si tratta di capire se la validità delle pratiche di rivolta e della violenza rivoluzionaria dipendano esclusivamente dal loro esito. Sono i Cossiga, i Fini, o i Dudde[1] che la sanciscono? Dipendiamo dalle scelte del Potere? Sì, tutti i giorni, ma il rapporto di forza che andiamo a creare non può eludere, appunto, la forza che sappiamo mettere in campo. Non è la forza delle armi o una forza maschile che si alimenta in palestra come viene astutamente descritta per screditarla all'occorrenza. E' la forza della determinazione e della conflittualità permanente. Del resto, sarebbe possibile una rivolta del genere senza costanza e sperimentazione? Le esperienze francesi e greche degli ultimi anni non c'entrano nulla? I numerosi attacchi e sabotaggi avvenuti in previsione del G-20 non hanno avuto nessuna influenza? Sono stati una reazione alle strategie di Dudde, ancora non attuate? La coppia che amoreggia sulle barricate e l'anziana con in mano la spesa proletaria legittimano gli scontri e il saccheggio? Sono immagini bellissime, ma che nascondono, se spetacolarizzate, una retorica pericolosa e non priva di conseguenze. Troppe altre volte (e lo si capisce anche da questa cronaca) coloro che bruciavano, saccheggiavano e distruggevano sono stati i cattivi da cui allontanarsi (andrebbe anche spiegato perché in questo caso chi ha assaltato supermercati, spaccato vetrine, incendiato auto viene definito a priori, molto scorrettamente in tuti i sensi direi, come autonomen, mentre altrimenti più spesso in altre vicende meno glorificate si parla di anarchici, casseurs. O forse si spiega da solo...).

  • E' proprio questa tensione che ha contribuito a generare la rivolta di Amburgo e tenuto la Polizei più alla larga possibile dai posti e dai quartieri dei/lle compagni/e. Non è sempre tutto un calcolo politico. E' un'emozione che parte da ciascuno e si coagula in un afflato collettivo, non il contrario. Non un piano unanime stabilito da qualche organo decisionale, in cui ognuno svolge il suo compito predestinato. La certezza che possimao trarre da queste giornate è che la rivolta è possibile. Di fronte a tale furia incendiaria e distruttiva applicare la teoria della conflittualità alternata e darne responsabilità all'inettitudine della Polizei è grottesco.

  • Ci ha sempre portato avanti l'idea dell'attacco come tensione e scelta di lotta storicamente rivoluzionaria si è guadagnato le migliori soddisfazioni dimostrando che questa determinazione è assai amplificabile e contagiosa, e se si connette con un territorio (Sternschanze, St.Pauli, Exarchia, Burgos, alcuni quartieri parigini, talvolta la Val Susa) che non per forza pratica l'attacco, ma lo comprende, lo accoglie, lo stimola, diventa micidiale per il potere e i suoi scagnozzi.

  • Quelli che si vestono tutti di nero non sono carne da macello da sacrificare sull'altare della politica dell'efficienza e dei conteggi dei ragionieri. Non è che fanno comodo quando difendono un quartiere, un corteo o una valle dagli assalti dalle Forze dell'Ordine (mettendo il proprio corpo e la propria libertà a totale disposizione) e, al contrario, sono degli stupidi machisti o nichilisti, quando le Forze dell'Ordine stuprano nelle caserme. Una volta per tutte! Le persone, in queste circostanze, non si vestono completamente di nero o con un abbigliamento privo di segni di riconoscimento per un esigenza estetica autorappresentativa, ma come pratica di autodifesa altamente consigliabile a tutti coloro che pensano di essere in procinto di commettere reati, quali sono codificati dallo Stato gli atti di rivolta. Ancora una volta l'esigenza mediatica (questa sì!) di competere con la poropaganda giornalistica risulta pericolosa. Evitare di essere facilmente individuati ed identificati non vestendosi arancione o con evidenti scritte o simboli sugli indumenti è una sana abitudine propedeutica al mantenimento delle tensioni di rivolta, limitando il più possibile gli arresti e le paranoie postume. Molte persone sono state arrestate semplicemente perchè ritengono sufficiente alzarsi il cappuccio, indossare un fazzoletto o mettersi un cappellino.

  • Mettere gli atti di rivolta sullo stesso piano di un rave, di una biciclettata o di una polentata è un'operazione meramente politica ed interessata che i fatti di Amburgo potrebbero aver reso obsoleta. La rivolta è la linfa vitale della lotta da cui essa, storicamente, non ha mai potuto prescindere. Tutti i frangenti che ricordiamo per aver caraterizzato e legato tutti i percorsi rivoluzionari contengono gli elementi della rivolta. I canti, i balli, i pranzi collettivi, le assemblee ecc. ne possono essere un dignitosissimo e funzionale corollario, ma, di per sé, non compongono il quadro di nessun tentativo rivoluzionario o esperienza di lotta.

  • L'inclusività della lotta è necessaria. La responsabilità del suo isolamento non risiede sempre e comunque nelle scelte di chi la porta avanti, ma piuttosto in quelle dei pompieri, dei riformisti e dei ragionieri di turno. Nessun rivoluzionario anti-autoritario, men che meno insurrezionalista, è geloso della rivoluzione e lavora per una sua esclusività. Può sbagliare previsioni, ma senza fare tentativi, a suo rischio e pericolo, non staremmo qui a parlare di granché.

  • La Polizei ha fatto il suo sporco lavoro e 34 persone in carcere non sono poche, fosse anche una. Una in coma e decine di feriti/e , tantomeno. La collera dei ribelli ha saputo limitarla, a tratti neutralizzarla, ma niente è finito. Sapere se un capo di polizia è licenziato o promosso non rappresenta nessuna consolazione o indignazione per un rivoltoso. Come sapere di che colore sono i loro amministratori. In una rivolta gli equilibri interni al Potere non interessano a nessuno dato che il suo scopo, più o meno conscio, è quello di distruggerlo o quanto meno di sospenderlo. A tal proposito è incomprensibile l'accusa di inettitudine alla Polizei che percorre tutto il testo. GeSa[2] è tutt'altro che un esempio di inettitudine, come lo sono le tecniche di arresto impiegate.

  • Per chi arde di un desiderio di rivolta permanente, ogni detenzione è illegittima in quanto espressione dell'autorità e della legge che vuole cancellare dalla faccia della Terra, per sé e per tutti e tutte.

  • Non esiste alcun Stato d'Eccezione. Lo Stato ha sempre imprigionato, ucciso e torturato per prolungare la sua esistenza. Ha sempre usato la sua stessa Legge a suo piacimento per rendere più efficace la difesa del Capitale. In questa società gelida e ripetitiva l'unica vera eccezione è il fuoco della rivolta.

Buone vacanze ai compagni e le compagne detenuti/e per la rivolta di Hamburg contro lo G-20.

UNO, NESSUNO, CENTOMILA

[1] Hartmut Dudde, capo della Polizia di Amburgo [nota anarhija.info]

[2] GeSa (Gefangenensammelstelle), struttura detentiva costruita apposta per il vertice del G20 [nota anarhija.info]