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Oggi, 4 luglio, c’è stata la prima udienza per Ghespe. E’ durata molto poco, perché i giudici hanno accolto la richiesta di riunificazione del processo, quindi hanno semplicemente rinviato l’udienza al 12 luglio, data in cui era stata fissata la prima udienza per tutti gli altri. I secondini di scorta hanno fatto il possibile per impedire le comunicazioni tra noi e lui, precludendogli col loro corpo la vista dei numerosi compagni e compagne presenti in aula. In ogni caso non può non aver sentito i saluti, il calore e le urla di libertà che gli sono state dedicate.
Rinnoviamo la chiamata per la presenza in aula del 12 luglio per salutare Giova, e molto probabilmente anche Ghespe sarà presente, a questo punto.
Grazie a tutt* coloro che sono venut* da praticamente ovunque, nord, sud ed estero, la vostra forza e il vostro sostegno hanno un valore incalcolabile.
Di seguito la dichiarazione pubblica di Paska, detenuto nel carcere di Castrogno (Teramo), appena pervenuta:


LA REPRESSIONE NON ATTACCA, ATTACCHIAMOLA!

Ciao a tutte e tutti,
finalmente mi sono deciso pure io a scrivere due righe sull’attuale teatrino repressivo nei confronti di noi anarchiche e noi anarchici, che sta relegando in galera me ed altri due compagni.

E’ da ormai circa 11 mesi che siamo imbrigliati nelle maglie della loro trappola: Ghespe undici mesi tutti in carcere, io sette di carcere e 4 con obbligo di dimora e rientro notturno, Giova 2 mesi e mezzo di carcere più altri otto tra obblighi, rientri e firme.

Ma la loro “famigerata” Operazione Panico, avviata a gennaio 2016 e che ha iniziato a colpire dal 31 gennaio 2017, ha inoltre “regalato” ad altre compagne ed altri compagni giorni di carcere, arresti domiciliari, obblighi di dimora, rientri notturni, firme, divieti di dimora da Firenze ed altri assurdi divieti di dimora dal Galluzzo, quartiere di Firenze dov’era sita l’occupazione della Riottosa, che è stata sgomberata insieme all’altra occupazione anarchica cittadina, Villa Panico.

Il tutto per una serie di avvenimenti accaduti in città: un assalto alla sede di CasaPound, due ordigni piazzati davanti alle sedi dei fasci (di cui uno a Capodanno 2017, dove nel tentativo di disinnescare l’ordigno ha perso mano ed occhio un artificiere e da questo avvenimento il reato di tentato omicidio per cui all’oggi in 3 siamo in custodia cautelare in carcere), un presidio antimilitarista non autorizzato, un corteo non autorizzato, il lancio di molotov alla caserma dei Carabinieri a Rovezzano in seguito all’arresto di due compagni e una compagna per una rissa con gli sbirri fuori da un concerto, presidi sotto al carcere, scritte sui muri della città… e infine i reati relativi all’avvenimento di Capodanno, che loro pongono come perno centrale della questione.

Un’inchiesta che ha accelerato notevolmente i tempi repressivi dopo il 1° gennaio 2017, e dove non poteva mancare un’associazione a delinquere ed incredibili colpi di scena: arresti, scarcerazioni, aggravamenti di misura per scritte, riesami – cassazioni – controriesami… gip competenti, gip incompetenti, capi della polizia e servizio anti-terrorismo, unità operativa della polizia italiana (UOPI) e chi più ne ha più ne metta… Un pastrocchio giudiziario teso a colpire certe tipologie di pratiche e chi le mette in atto, perché non sottomesso al sistema e nemico di esso.

I metodi di indagine, poi, sono stati i più infami e squallidi, ma cosa vogliamo aspettarci dai nostri nemici? In particolare, per giustificare il tentato omicidio e l’altro reato annesso (detenzione, fabbricazione e porto d’arma da guerra) che vede imputati noi arrestati ed un altro compagno, intercettazioni di chiacchiere simpatiche tra amiche ed amici diventano prove madre, frammenti di DNA prelevati a casaccio segno indiscutibile di colpevolezza, stati d’animo emozionali e personali sintomi d’ammissione.

Per non parlare della loro meschinità nel tentare, con tutto quel materiale cartaceo che più di un’inchiesta giudiziaria pare un copione di un film già scritto, di dividere e mettere gli uni contro le altre i compagni e le compagne dell’inchiesta. Tutto ciò non è stato solo atto a trovare chi secondo loro è colpevole dei reati contestati, a fare arresti e sgomberare spazi, ma ha tentato di levare di mezzo la realtà fiorentina e di frammentare e dividere ancora di più la situazione.

Bene, personalmente dico che ci hanno provato, ma non ci sono del tutto riusciti: c’è ancora chi si organizza, discute ed agisce in città, e chi è stato colpito dalla repressione in questo lasso di tempo è ancora lì, sulle sue posizioni, a testa alta, e penso che consapevolmente si ripeta: “io trovo giusto il mio percorso perché sono nel giusto!”.

La loro repressione ci ha sì colpito, ma non attaccato del tutto come era nelle loro intenzioni iniziali.

All’oggi, come continuare? La loro repressione non attacca, attacchiamola noi. Sarebbe finalmente a questo punto importante ripartire, piuttosto che dalle discussioni e da mille ragionamenti sulla solidarietà in risposta alla repressione, da quelle pratiche che loro ci contestano e che a loro danno molto più fastidio dei nostri discorsi teorici.

Dimenticare quest’anno e mezzo di batoste e ripartire lì da dove a loro è più nuociuto: per noi dentro queste mure abbassandosi il meno possibile al loro potere, e per chi sta fuori “con la scelta delle armi che è tua per il duello”.

Un saluto, un enorme abbraccio ed un urlo carico di rabbia ed amore a Ghespe e Giova!

Contro il potere, contro l’autorità, per la libertà!
PER L’ANARCHIA!

PASKA