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Introduzione al progetto Evoluzione Antisociale

Iniziando con l’introduzione a questo blog deve essere detto che non ci sarà alcuna mercificazione spettacolarizzata dei suoi contenuti in modo da renderli dei prodotti che si adottano e giustificano la sua esistenza. L’esistenza di questo blog si regge sui valori delle persone e non delle ideologie. All’interno dell’alienazione capitalista di mercificazione delle personalità e delle idee il discorso anarchico che vuole decostruire tutti i sistemi deve misurare le parole per non cadere nella trappola di offrire solo un altro prodotto della civiltà. Immergendoci nei più profondi pozzi del nostro essere accendiamo lampi caotici che cercano di affermare la vita davanti al controllo, davanti alle macchine della fogna tecnologica e alla comunicazione compromessa di Internet, e sfidare e profanare le astrazioni della Legge. Pensiamo che esistono molte posizioni individuali sull’anarchia e percezioni generalizzate che non sono state comunicate perché manca una certa cultura, prodotto della civiltà. Ma questo è esattamente ciò che vogliamo distruggere. Gli standard con i quali l’alienazione sfida il pensiero personale e rende l’agire impossibile, si deve mettere il piede su certi fondamenti per svelarli. Per andare aldilà di uno uso reificato del linguaggio, per distruggere e creare mediante un contenuto personale, annientando tutte le astrazioni della sistematizzazione civilizzata, le quali non sono altro che prodotti della dominazione sociale, e quindi cercare di scatenare la pluralità del caos. La cosa più importante da dire è che questo sperimento non è qui per “illuminare” qualcuno su come e perché si “dovrebbe” agire. Ci sono stati molti idealisti nel pensiero anarchico, e ognuno in cerca di speranze o di qualcosa a cui aggrapparsi per infrangere il proprio vuoto esistenziale li può leggere. Ci sono anche molti manichei che puzzano di senso del dovere per coloro che amano il senso di appartenenza. Questo sperimento non appartiene a nessuna tendenza fittizia né tenterà imperativamente di erigerne una, con il pericolo di creare un prodotto per i consumatori sterilizzati di un’epoca della massima depersonalizzazione. Cercherà invece di creare legami egoistici che non possiedono modelli di ruolo o un esito noto, legami tra gli ego individuali volontariamente lontani da immaginari legami-ruoli, che si creano all’interno di un contesto di resistenza che reagisce alla società. Questo non significa che coloro che scrivono queste righe sono una “élite” o qualche specie di specialisti in tuttologia, al contrario, provengono da qualcuno che vuole più sperimentazione nella teoria e nella pratica con liberazione totale come strumento delle persone, e mai come persone al servizio di cause idealistiche che acquisiscono la forma del significato universale. Quindi, non siamo dei proseliti dell’ideologema della “distruzione dell’esistente”, pilastro del nichilismo ideologico politico che si è sviluppato come un’inevitabile reazione alla fallita gestione degli esattamente stessi valori sacri, utilizzando un costrutto chiamato Anarchia a mo’ di castello al quale anarchico come ruolo deve dedicarsi secondo i bisogni di “questo”. Quando il tuo contenuto unico viene schiacciato sotto le forme di un sapere esplicito, tu inevitabilmente divieni ideologia.

Siamo contrari alla moralità e vediamo nell’ideologia un ostacolo fondamentale per la realizzazione dell’unicità della persona, ed entrambe consideriamo pilastri fondamentali per l’istituzionalizzazione del controllo, dei ruoli della società e dei sistemi che rafforzano e perpetuano la civiltà. Percepiamo la moralità come un sistema di valori santificati che esigono conformità, secondo un’immagine ideologica che ognuno ha costruito all’interno della propria mente e che indica la “strada giusta”. Non tutte le forme di moralità sono estremamente condannabili, mentre certe altre lo sono. La moralità può provenire da ognuno, non è connessa ad alcun -ismo, in realtà non ha a che fare con i termini. E’ sempre connessa al modo di pensare, ma soprattutto al luogo d’origine del modo di pensare e alla maniera in cui esso si rivela. Innanzitutto, se non abbiamo dei reali valori personali provenienti dalla nostra esperienza personale di vita, ma delle idee reificate come lo sono i valori, non importa se implichino universalità o meno, allora automaticamente parliamo della moralità. Ogni idea, costrutto della mente, elevata ad un livello più reale di colui che la valorizza è una coscienza ideologica, e questo non è la coscienza di una persona ma un’Idea con un contenuto predefinito, che di conseguenza porterà alla moralità perché questa idea non è mai stata vista come una scelta, bensì come una verità. Come la “strada giusta”, e certe volte come “l’unica strada”. Ed è qui che la politica si insedia. Ma noi non apparteniamo a nessuna ideologia politica. Noi apparteniamo a noi stessi. L’ideologema l’Anarchia contro l’Autorità crea solamente una nuova autorità sopra noi stessi, un’autorità “temporaneamente” interiorizzata finché non distruggeremo “tutte le autorità” in modo “permanente”. Le menti degli idealisti creano nuovi costrutti e nuovi ruoli, ma per noi l’anarchia non è questo, noi vediamo la realtà nella sua esistenza fisica composta da esseri unici che massificano sé stessi quando vengono consumati dall’ideologia e dalle cause morali, la maggioranza delle quali richiede soldati e sacrifici per l’Idea. Questo è il problema principale di tutti. La reificazione. Utilizzando una certa parola, un certo ruolo, che contiene “un’essenza” di per sé, viene prima creata la “causa comune” e poi la persona, l’Io sacrifica la propria causa sull’altare dell’astrazione. Noi consideriamo tutte le ideologie come delle catene, a prescindere dal nome, Anarchia o Democrazia come esempio di una cosa di per sé ideologica. Anche il nichilismo, tutto può diventare ideologia, con alcune persone possiamo condividere le percezioni comuni, con altre nulla, ma non diventeremo mai parte di nessuna di loro. Il nostro desiderio non è incontrarsi e collaborare con gli Umani o con qualsiasi altro di numerosi costrutti presenti, ma con le persone insorte creando un’anarchia libera dai residui sociali, mentali e fisici, e che mai diventeranno “perfette”. Questo blog non ha nessuna relazione con la sparpagliata solidarietà promiscua, una caratteristica della pletora di circoli politici anarchici, in quanto è contrario alla politica e agli imperativi dei Principi di natura umanistica per la realizzazione di immaginari alienanti movimenti rivoluzionari. Non guardiamo a noi stessi attraverso qualsiasi appartenenza umana e percepiamo come le relazioni autentiche quelle provenienti da modi molto differenti da quelli intossicati dall’ebbrezza sociale civilizzata. Vogliamo ospitare prospettive e azioni nichiliste che affermano la vita, nella misura in cui non collidono con i nostri personali valori egoistici, con l’obiettivo di stupenda auto-realizzazione attraverso l’esperienza vissuta direttamente, psicologicamente e fisicamente. Non vi è nessun proposito di diventare un notiziario-internet anarchico, ma solo sperimentazione.

All’interno dei contesti sociali che reagiscono si sviluppa la creazione di un’identità essenzializzata definita da qualcosa “altro”. Questo soggetto ha stabilito una logica di reazione, non può andare oltre e lottare per l’auto-definizione individuale, creare il suo proprio contenuto combattendo in base a ciò che lo definisce in modo univoco, e non in abbinamento ad un contenuto di identità che rappresenta un collegamento a ciò che viene opposto, un collegamento alla società. La volontà di potenza è un modo per andare al di là di ogni contesto sociale, per percepire la società nella sua chiara natura, cioè quella di varie unità non-esistenti consolidate sotto gli ideologemi di appartenenza, che creano ruoli e interiorizzano doveri, e possono essere realizzate solamente attraverso le coscienze ideologiche, qualsiasi prefisso sistematico dualistico assiologico che costituisce la moralità invece dell’etica personale, cose che danno vita ad una mentalità di massa che può essere presente anche nei circoli di poche persone. E’ presente un bisogno di autodeterminazione egoistica e di perseguire dei desideri personali al di là dei concetti, ruoli, titoli, identità che danno una sostanza “essenziale” ai loro “soggetti”. Per questo motivo qualcuno rimane soggetto delle idee reificate, e non un sé individuale che utilizza il linguaggio come uno strumento, infondendogli il proprio contenuto, che quindi tenta di attaccare le barriere della civiltà e gli essenziali costrutti della società, contemporaneamente immergendosi nel caos della prima scintilla di significato della vita. L’ego, che non è un nuovo costrutto, ma solo il più possibile autodefinito, lontano dal civilizzato sé individuale alienato. Una persona lasciata con le scelte basate sulla propria coscienza, non con una o due scelte, ma con tante quante ne può percepire e conquistare. Una persona che non risponde a nessuno, non letteralmente nella realtà fisica dato che i poteri di massa sono sempre fisicamente più forti dell’individuo, ma con un suo disprezzo verso tutti che cercano di indicare delle strade specifiche rimane mentalmente autonoma, inalterata e non prevenuta. seguendo una non-strada secondo i suoi propri desideri distruttivi-creativi.

Per distruggere ogni dualismo di moralismo tra un’etica personale e il desiderio si dovrebbe seguire la strada delle proprie esperienze, mai separando ciò che viene percepito e valorizzato dalla persona che lo percepisce, tenendo nello stesso tempo la distanza dall’assoluto che gli standard culturali creano, i quali possono essere facilmente seguiti da una soggettiva formazione idealistica dello spettro di Verità. Dato che la persona rimane sempre fonte di comprensione e azione, mantenendo quello che il tacito sapere ha aiutato a dispiegare nel suo ego ed eliminando tutto ciò che l’istinto subcosciente reattivo ha mostrato alla persona, e che a lungo andare essa ha soppresso a causa di decisioni che non l’hanno aiutata a godere di essere nel mondo come parte di proprie relazioni conquistate dal nulla e come prospettiva di esistenza caotica, ma invece erano manifestazioni di un dolore interiorizzato. Queste analisi provengono da esperienze vissute. Non si tratta di una soppressione del desiderio, ma della sua forma slegata da ogni alienazione, in quanto da un punto di vista di una non fissata “naturale” inconsapevolezza può essere visto come un comportamento reattivo proveniente dagli eventi soppressivi. La persona sta ancora sopprimendo internamente il sé. In tal modo possono essere creati dei valori personali che vengono visti solo come strumenti al servizio della individualità egoista, e mai in un altro modo. I valori possono esistere solamente per aiutare l’ego a soddisfare i propri desideri, e mai per sopprimerli nel loro nome. Nonostante essi siano interconnessi, e questo è una questione molto complessa che non può mai assumere una forma “pura” perché ha sempre a che fare con situazioni diverse, includendo altri a cui ci tieni o meno. In questo modo i valori vengono creati e distrutti dal nichilista secondo la sua volontà, senza mai diventare delle santità per la cui causa la persona si sacrificherà. Se i valori diventano coscienze a sé stanti iniziano ad esigere, creano un significato universale e facilmente diventano moralità. Allo stesso modo il desiderio può diventare un valore reificato. Anche chi nega che tutta l’esperienza e il sapere proveniente da esso crea dei valori, cade nella trappola del moralismo stesso cercando di “ripulirsi” da loro, creando la moralità dell’anti-etica. Esistono due tipi di moralità che possono essere sviluppate nelle teorie nichiliste, e riconoscendo il seguente diventa più facile distruggerle. Una nasce quando la persona nega completamente tutti i valori, ponendo così nella stessa categoria l’etica personale con la moralità. La seconda invece si sviluppa nella persona che creerà una anti-realtà di Negazione (un costrutto idelogico), trasformando così la negazione in una Causa e in una frusta. Nella prima situazione viene mantenuta la percezione che ogni valore è un portatore di moralità, non permettendo alla persona di negare il sapere e le esperienze, i quali rappresentano indubbiamente il punto di partenza per i valori, giocando così con la negazione della vita, vivendo una morte interna. Nel secondo caso la negazione diventa una causa di significato universale, interiorizzata o meno, trasformandola nell’esatto “opposto” da qualsiasi valore dominante che costituisce la moralità nella società, e in questo modo facendo della negazione un’altra moralità poiché entra in una dialettica dualista promuovendo dei valori specifici come prodotti. Una pratica e una percezione di vita amorale cercano di andare al di là di ogni dualismo imposto e vagare nel caos della vita distruggendo e creando, comprendendo la realtà esterna alla persona come parte di questo, ma mai ideologizzando in modo da subordinare l’ego. Quindi, senza mai accettare la dominazione e confondere le relazioni di potere. Cercando di capire gli aspetti più profondi della civiltà, comprendendo che la percezione è connessa anche alla realtà esterna, e non tentando di presentare alcunché come qualcosa che non è, solo per attaccarla meglio nel contesto ideologizzato. L’amorale non vede nessun purismo, lui passa attraverso la disperazione e il piacere, attraverso la sconfitta e la vittoria. L’amoralità riguarda solo la libertà cosciente delle scelte e una spiegazione che proviene solo dal profondo contenuto personale, non vincolato dai comandi delle idee, non è confinata nei binari, nelle scelte imperativamente finite o nelle soluzioni, né giustifica l’azione perché un’idea dice di farlo.

Quindi, non volendo adottare nessuna “parte” né ideologia politica per regolare la propria vita con l’illuminazione che possiede ognuno di loro con i suoi imperativi, significa liberarsi da ogni catena di doveri e rimanere come una totalità autonoma. Se i preti iniziano ad urlare “bisbetici! burberi vigliacchi! intellettuali”, la risposta è che la potenza non risiede nel soldato, senza la sua fede, spogliato, sarebbe crollato. La potenza sta in colui che non possiede nessun sacro ideale, denudato, senza nessuna corazza di fede, e tuttavia esulta e abbraccia il vuoto attaccando ogni falsità che cerca di elevarsi al di sopra di lui. Dovrebbe essere combattuta l’estirpazione di ogni fede che opera come regolatore del vuoto esistenziale? L’accettazione dell’insignificanza è debolezza o fede? Colui che accetta l’insignificanza e smette per questa ragione è ancora un fedele, perché impotente di sradicare la fede nel significato degli spettri cade nel lutto per il loro abbandono. Non continua a lottare accettando l’insignificanza come un momento gioioso di rifiuto della fede come catena della mente. Ma l’iconoclasta ha abbandonato ogni fede nelle idee esterne dal suo vissuto. Da un tale punto di vista la significanza può essere vista solo come un’esperienza diretta, mentale e fisica, della persona la cui esperienza si trasforma nello strumento per la massimizzazione dell’unicità e l’auto-realizzazione, e per la loro estrazione da ogni falsità che avvelena la volontà dell’individualità.

Molti hanno paura di essere soli, di essere lasciati da soli con i propri pensieri e con un’esistenza fisica che non sanno come interpretare. Per questo motivo quando il nichilismo colpisce cercano di scacciarlo come un serpente che morde e diffonde il veleno nei loro mondi costruiti in modo sano ed ideologico. L’idealismo distrugge la vita. Le porta via la bellezza, per questo ci riferiamo al suo libero scorrere nelle scatole della perfezione e nella mente che dipende dalla realtà. Non siamo di quelli che pregano l’Abisso di rimanere là perché la creazione è “inutile”, né di quelli che creano castelli reclutando soldati confinando sé stessi nei propri contenuti reificati e schiavizzando gli altri alla propria “causa”. Siamo al di là di ogni approccio di massa che può essere sviluppato attraverso le costruzioni ideologiche reificate, e che possono essere mantenute anche da pochi. Il nichilismo, uno strumento di profana devastazione delle strutture iscritte, delle precisioni predeterminate da idee e dai valori indiscutibili, prende la realtà in cui vivi e la schiaccia senza smettere di percepirla. Ma è l’eterna caduta che annulla tutti gli idealismi ed i suoi prodotti ti lasciano in un fremito di morte e in una nuova bellezza priva di ogni fondamento, dove lotti nei limiti tra il piacere e le pugnalate sé stesso. Questa caduta non ha fine, ma neanche ritorno. Siamo anarchici, ma concepiamo l’anarchia come uno strumento per realizzare i nostri desideri, e non come una oggettiva causa politica che ci lega a ruoli/doveri, che riproducono nuove “essenzialità” come l’anarchico-il nuovo Umano, perpetuando la schiavitù dell’umanismo non rigettando la società dalle sue radici per l’istituzionalizzazione che produce. Coloro che non si rendono conto che ogni sistema è una catena porteranno sempre nuova autorità sovra le persone, a prescindere dal nome che si danno. Noi distinguiamo le relazioni di potere dalle relazioni di dominazione, considerando le prime come una parte inestricabile dell’affermazione di vita in atto, e le seconde come delle relazioni cristallizzate provenienti da idee autoritarie.

Qualunque cosa pubblicata qui non rappresenterà in nessun caso completamente noi stessi, ma qualcosa che noi consideriamo utile per l’espropriazione, compresi i suoni i quali completamente espropriati dai contesti reificati e rappresentazioni culturali svelano la bellezza della creatività dei suoni per essere utilizzati a proprio piacere.

Dopo l’estirpazione dell’idealismo, del radicalismo manicheo, del rivoluzionismo e del costrutto immaginario di Giustizia, a prescindere dal suo mantello, tutto quello che rimane sono le scelte e l’obliterazione della mentalità civilizzata.

Dedichiamo queste parole a coloro che non vogliono appartenere a niente!

Antisocial Evolution



(tradotto da anarhija.info)


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